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“Come spiegare l’autismo ad un ragazzo autistico?”

“Come spiegare l’autismo ad un ragazzo autistico?”
A cura di Michela Francescato, Psicologa, Polo Blu SRL – Padova

“Mi piacerebbe parlare di cose che agli altri interessano, senza parlare di cose che interessano solo a me, perché non mi ascoltano”

In questo contributo racconto la mia esperienza con Davide, un ragazzo di 11 anni con diagnosi di Asperger che frequenta i laboratori del Servizio Polo Blu di Padova.

Fin dal primo incontro Davide mi ha esplicitato che l’obiettivo degli incontri era quello di ricevere  “consigli” e “migliorare”, principalmente nelle relazioni con gli altri: era quindi in grado di riconoscere di avere delle difficoltà e aveva bisogno di strategie concrete per poterle affrontare.

Ho costruito per Davide un percorso di consapevolezza organizzato in 8 incontri a cadenza settimanale, con l’ausilio di alcune schede di lavoro presenti nel libro “Io sono speciale” di Peter Vermeulen (Ed. Erickson 2013–attualmente fuori catalogo).

Il focus iniziale è stato sugli aspetti “positivi”, Davide si è descritto “come se fosse il protagonista di una storia” dalla quale abbiamo estrapolato alcune caratteristiche del suo carattere, dei suoi interessi e delle cose in cui era bravo.

Abbiamo poi dedicato altri due incontri per affrontare quelle che erano le sue difficoltà percepite nella vita quotidiana.  Davide ha compilato delle check list sulle tre aree principalmente compromesse nell’autismo: la comunicazione; l’interazione sociale; la flessibilità di pensiero. Abbiamo ampliato ogni singolo item con esempi concreti delle sue esperienze e abbiamo fatto una classifica in base a quanto fosse difficile per lui ogni situazione presentata. (foto 1)

Arrivati a questo punto è stato necessario affrontare anche le difficoltà di Davide nel gestire gli aspetti emotivi in quanto era emerso che si arrabbiava spesso, esprimendo la rabbia in modalità inadeguate, anche con reazioni aggressive eterodirette. L’obiettivo era fargli esperire che non era lui “sbagliato” o gli altri erano “sbagliati”, ma che alcuni pensieri “negativi” lo portavano a reagire in maniera impulsiva ad alcune situazioni. Abbiamo quindi trovato le strategie giuste per riconoscerli ed affrontarli in maniera adeguata. Una volta affrontata questa sua difficoltà nel gestire i “pensieri” più difficili abbiamo ripreso il lavoro sulle situazioni difficili estrapolando alcuni item emersi come maggiormente critici. Nelle persone con autismo improvvisi cambiamenti, situazioni poco chiare o informazioni interpretate in maniera letterale creano stress e confusione che generano paura e rabbia in maniera più frequente e più intensa. C’è quindi necessità di ricevere informazioni “a freddo” su cosa fare e come farlo per permettere una migliore gestione quando poi si trovano nuovamente nelle situazioni “calde”.

Sono state create delle situazioni ad hoc sulle quali prima abbiamo lavorato in modalità carta-matita prendendo spunto dalle sue difficoltà, come ad esempio arrabbiarsi per cose banali, irritare gli altri o parlare delle stesse cose. Per ogni situazione abbiamo analizzato assieme il comportamento, le conseguenze, i pensieri e le emozioni correlate. Sulla base di queste situazioni abbiamo costruito delle ipotetiche soluzioni funzionali e ci siamo sperimentati in role-playing, anche a ruoli invertiti (foto 2). L’obiettivo era quello di far esperire concretamente a Davide queste situazioni e trovare soluzioni alternative funzionali da poter poi utilizzare quando necessario al di fuori del contesto protetto dello studio.

Al termine degli incontri è stata creata una carta d’identità riassuntiva che Davide ha compilato indicando gli obiettivi raggiunti secondo lui durante gli incontri e le strategie apprese per dare un riscontro tangibile del percorso fatto che potesse essere fruibile in futuro. (foto 3)

Riflessioni. E’ molto importante portare i ragazzi in età adolescenziale alla consapevolezza del proprio disturbo per permettere loro di arrivare a comprendere che hanno un modo di funzionare diverso dagli altri. Allo stesso modo è importante permettere loro di conoscere i propri limiti per potersi migliorare allenando quelle abilità che, mentre per gli altri sono immediate e naturali, per le persone con autismo necessitano di un allenamento speciale: “se sperimento che funziona allora lo posso mettere in pratica!”.

Molti genitori si chiedono se e quando sia necessario dire ai ragazzi con Asperger che hanno questo disturbo. La letteratura e la nostra esperienza clinica ci portano ad affermare che un percorso sulla consapevolezza va affrontato solamente nel momento in cui il singolo ragazzo sente che c’una differenza con i pari, percepisce un disagio e sente il bisogno di avere delle risposte a domande che sono venute spontaneamente nel confronto con gli altri e nella percezione degli insuccessi in ambito sociale. Diversamente potrebbe esser inefficace, perché potrebbe non venir accolto e compreso, oppure potrebbe avere effetti negativi sul senso di autostima e autoefficacia.

Articolo pubblicato nella rivista Asperger News

 


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